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Philip K. Dick (qui in un ritratto di Peter Welsch)
predisse l'invenzione del telefonino.
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Esiste un certo tipo di fantascienza che tende ad avere una
scadenza. Si tratta in genere di quelle storie ambientate in un futuro più o
meno prossimo nell’ambito della nostra linea temporale reale. Non succede se i
fatti avvengono in una galassia lontana lontana, neppure se immaginiamo che
oggi arrivino gli alieni o che inventiamo una macchina nel tempo che ci porta
nel passato.
Ma se proviamo a creare una storia con una denotazione temporale
più o meno precisa nel futuro, senza dubbio tra vent’anni, ma anche fra dieci,
molte delle cose che abbiamo descritto risulteranno antiquate, anacronistiche,
perché, per quanto ci sforziamo di immaginare cosa accadrà, per farlo dobbiamo
basarci su ciò che conosciamo e non abbiamo i mezzi per sapere esattamente come
la tecnologia si evolverà.
È chiaro che questo aspetto non sminuisce affatto il valore
artistico e di intrattenimento di certi libri (ma anche film o serie TV, anche
se questi ultimi ne soffrono di più a causa dell’elemento visivo, che lascia
poco spazio all’immaginazione) creati trenta o cinquanta anni fa, poiché ciò
che li rende belli prescinde i dettagli dell’ambientazione stessa.
Non a caso
il cinema di continuo attinge alla cosiddetta fantascienza classica per creare
dei film che tutto sono tranne che anacronistici. Si prende la storia, che poi
è quello che realmente conta, e la si presenta utilizzando gli standard odierni
di percezione del futuro. E funziona, anzi funziona alla grande.
Resta, però, il fatto che rivedendo certi vecchi film o
rileggendo certi libri scappi un sorriso nel sentir parlare di colonie su Marte
negli anni ’90 del ventesimo secolo o di computer che usano schede forate negli
anni 2000 o di gente che cerca una cabina telefonica tra un secolo.
Talvolta questo anacronismo è dovuto a un eccessivo
ottimismo sui traguardi raggiungili dall’umanità nel prossimo futuro, in altri
casi dall’impossibilità di vedere nella propria testa una realtà che sia
veramente altra rispetto a quella in cui si vive.
Chi scrive questo tipo di fantascienza deve prima o poi fare
i conti con questo problema, perché rischia che ciò che immagina oggi venga
sbugiardato nel giro di pochi anni da ciò che avviene (o non avviene)
veramente.
Esiste anche un fenomeno opposto a quello appena descritto o
che in parte si mescola ad esso. Esistono autori che, per una magica intuizione,
hanno descritto nel passato delle tecnologie o delle situazioni che si
avvicinano molto a ciò che vediamo oggi.
Nel famoso romanzo “Ubik” di Philip K. Dick, del 1969, ma
ambientato alla fine del secolo scorso, caratterizzato da una trama che
potrebbe essere applicata a qualsiasi periodo storico (anche perché prescinde
la fantascienza stessa), accanto a tecnologie improbabili, fa la sua comparsa
un oggetto che conosciamo molto bene, ma che sarebbe stato inventato molti anni
dopo la pubblicazione del libro: un telefonino.
Ma ciò che si nota ancora di più ai giorni nostri è
l’estremizzazione di questo fenomeno. Invece di vedere la fantascienza
attingere dalla scienza per creare il background o il motore delle proprie
storie, succede che la scienza si ispiri all’immaginario di autori, anche del
passato, per creare oggetti che sembrano usciti dritti dal grande schermo o
dalle pagine di un libro.
Adesso abbiamo gli occhiali con la realtà aumentata, la
smart TV che risponde ai nostri gesti, la finestra che diventa un’enorme
schermo trasparente (ovviamente touch), tanto per fare alcuni esempi. Tutti
oggetti (utilissimi?) che sembrano volerci proiettare in un imminente futuro,
mille volte visto al cinema o nei libri, come se fosse qualcosa di già deciso
che siamo destinati a raggiungere.
Ma quante di queste invenzioni, per così dire un po’
frivole, sopravvivranno al passare del tempo? E se, invece di diventare parte
della nostra quotidianità, come nelle entusiasmanti storie di fantascienza
lette da chi le ha “inventate”, si rivelassero tra qualche anno non meno
anacronistiche di mille altre invenzioni presenti in quelle stesse storie?