Intervista a Danilo Arona

Una bella intervista a Danilo Arona (edito da Kipple con il suo Palo Mayombe) è apparsa su ThrillerMagazine.it. Un estratto:

Insisto sulle idee perché è un argomento raramente affrontato. In “Brood — La covata malefica” David Cronenberg immaginava una donna la cui rabbia acquisiva fisicità, si manifestava concretamente nella forma di piccoli mostri assassini; il pianeta Solaris di Stanisław Lem concretizzava le persone amate dai protagonisti; un qualcosa di simile lo troviamo in “Sfera” di Michael Crichton. Perché ci fa così paura che un’idea prenda vita, tanto da usare questo espediente in storie fanta-horror?

L’idea che prende e vita è un’ipotesi realmente terrificante. E credo che sia, dal punto di vista freudiano, disturbante, per non dire devastante, nel profondo. Sono i mostri che abbiamo dentro, citando Giorgio Gaber. E la pia illusione dell’uomo civilizzato è ancora quella di tenerli sotto chiave, ignorandoli e fingendo che non esistano. Le cose in realtà non stanno così da quel bel giorno... L’idea circola nel cinema fantastico sin dagli anni Cinquanta, dai Mostri dell’Id de “Il pianeta proibito” e “Viaggio al settimo pianeta”, film che nella loro naïveté ti sbattevano in faccia quello che allora era il mostro interno più temuto, la paura del contagio atomico e della degenerazione della materia vivente. Oggi credo che questa figura ctonia che vuole riemergere dal corpo — proprio come fanno i nanerottoli di Brood — sia la malattia, quella con la “emme” maiuscola e con il nome impronunciabile, attivata da agenti esterni reali ma diffusa anche da meccanismi memetici (dall’aviaria a Fukushima, passando per l’infezione dei germogli tedeschi, il repertorio è vasto — e c’è pure chi, come lo scrittore Scott Sigler, si aggrappa a paure serpeggianti come la pseudo-malattia di Morgellons...) ed ecco così in qualche modo spiegata l’assurda e isterica reazione di massa che d’improvviso non ti fa neppure più mangiare il cetriolo dell’orto della tua vicina. Siamo all’assurdo in certi comportamenti collettivi, ma quel che cova sotto è proprio il volto di un’idea maligna che ti può prendere “dentro” e dal dentro uscirne fuori. Su questo fronte è ancora inarrivabile, anche sul piano della metafora che diviene Carne, il film “La cosa” di John Carpenter, negli anni Ottanta troppo in anticipo...

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