[Letto su Repubblica.it]
Il futuro bussa in biblioteca con l'e-book, il libro che non si vede sugli scaffali, che non occupa le stanze. Certi cambiamenti entrano dalle porte secondarie, dai corridoi. Mentre le grandi biblioteche faticano a guardare avanti ingessate dai tagli alla cultura e dagli organici spolpati, il libro digitale debutta fuori dai monumenti del sapere scritto. Se si vuole trovare qualche pioniere dell'e-book bisogna cercarlo nelle biblioteche comunali: per esempio a Cologno Monzese, in Lombardia, o alla biblioteca Fucini di Empoli, in Toscana. Con i soliti pochi mezzi, ma con qualche idea nuova. È in quei "laboratori" che si sperimenta la nuova faccia della biblioteca, lì dove i lettori possono uscire con un e-reader in prestito portandosi via in un solo colpo mezzo catalogo: Pinocchio e i Promessi sposi, Moby Dick, ma anche tutto Dante, Pascoli, Alfieri, Verga e un po' di Wu Ming in versione digitale. Un eterogeneo concentrato di cultura, in tasca e gratis.
La biblioteca civica di Cologno Monzese, 120mila volumi e 170mila prestiti l'anno, ha comprato all'inizio del 2010 una quarantina di e-reader, le tavolette elettroniche per la lettura: "Subito c'è stata una corsa a prenotare il Kindle o gli altri supporti digitali - spiega Luca Ferrieri, responsabile della biblioteca - poi siccome avevamo quasi esclusivamente classici, romanzi liberi dal diritto d'autore, l'entusiasmo è andato calando". Adesso però cominciano i primi acquisti di narrativa contemporanea: "Si debutta con 300 titoli da Maggiani, a Murgia, Ken Follet, Nothomb". Stesso scenario a Empoli, dove gli e-reader sono undici e le prenotazioni vanno fino a febbraio: "Non sono solo i giovani a chiederli - racconta Carlo Ghilli - anzi nella lista d'attesa ci sono soprattutto professionisti e i frequentatori assidui della biblioteca". Su tutte le "tavolette" sono stati caricati gli stessi romanzi, una sessantina di titoli: "C'è anche Alice nel Paese delle meraviglie con le illustrazioni originali". Poco più di mille euro l'investimento a Empoli, ventimila per il progetto e-book reader di Cologno (metà arrivano da un finanziamento regionale).
"L'obiettivo è avvicinare i lettori ai nuovi supporti tecnologici - prosegue Ferrieri - ma è chiaro che nel futuro non saranno le biblioteche a prestare i Kindle o gli i-Pad: gli utenti verranno da noi o prenoteranno dai nostri siti online gli e-book". Succede già all'estero: "Sì, e non ci sarà nemmeno bisogno di riportare il libro digitale in biblioteca perché il file si "consumerà" o meglio diventerà illeggibile alla scadenza del prestito". A differenza del libro tradizionale preso in biblioteca l'e-book si può sottolineare, si possono scrivere note a margine, ma quando lo si rende viene resettato e sono cancellati i dati personali. È questa la frontiera? E come si preparano le medie e grandi biblioteche alla metamorfosi culturale? "Siamo come nell'epoca in cui dal cavallo si è passati alle automobili: qualche motore si incepperà, ma non c'è dubbio che il futuro della lettura prevede anche il digitale", dice Mauro Guerrini, presidente dell'Aib, l'Associazione italiana delle biblioteche che con i suoi 4 mila iscritti rappresenta circa il 20 per cento dei professionisti del settore e che oggi a Firenze chiude il suo congresso nazionale.
Ma se cambia il mezzo e cambiano le abitudini dei lettori, anche il bibliotecario è in trasformazione: destinato a muoversi sia lungo i magazzini pieni di volumi, sia nelle stanze virtuali. "Fra i suoi compiti ci sarà anche quello di certificare la qualità di ciò che si trova in rete", prosegue Guerrini. Intanto sono i numeri a descrivere il declino delle 46 grandi biblioteche statali (comprese le Nazionali di Roma e Firenze). Gli investimenti pubblici a favore delle 46 biblioteche statali italiane negli ultimi cinque anni sono stati dimezzati con un abbassamento del budget da 30 a 17 milioni di euro l'anno e i tagli più consistenti riguardano un settore di vitale importanza come l'acquisto dei libri, passato da 8 a 3 milioni di euro: "Anche sull'informatica le risorse sono state ridotte - conclude Guerrini - . La digitalizzazione del nostro patrimonio culturale è praticamente ferma, ci si affida a Google e all'accordo fatto dal ministero ma, mi chiedo, è corretto affidarsi soltanto a Google?".
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