Scrivere, per quanto superficialmente, degli Yezidis, presunti
“adoratori del Diavolo”, significa sfiorare il drammatico problema dei
perseguitatissimi Curdi. Allora occorre, per quanto possibile, avere
presente la geografia dei luoghi ai quali ci stiamo riferendo. Siccome
non possiede confini naturali ben precisi, definiremo il
Kurdistan solo
quella regione dove i Curdi costituiscono la proporzione predominante
della popolazione locale e che si trova divisa tra Turchia, Iran, Iraq,
Siria e le repubbliche ex sovietiche di Georgia e Armenia. Per lo più
montuoso, il Kurdistan è percorso dalla catena degli Zagros a est e da
quella del Tauro a ovest; il monte Ararat segna approssimativamente il
confine settentrionale e la Mesopotamia quello meridionale. Il
territorio è ricco di acque fluviali non navigabili: il Tigri e
l’Eufrate nascono nel Kurdistan turco, l’Arasse lungo i confini con
l’Armenia, e altri fiumi come il Piccolo e il Grande Zab, il Sirwan
(Diyala) e Khapur, rendono il terreno molto adatto all’agricoltura che
con il petrolio, il ferro, l’oro, l’alluminio e soprattutto il cromo,
costituisce una delle principali risorse della regione, insieme al
potenziale idroelettrico. Della Siria i Curdi abitano la zona
nord-orientale, cioè parte della fertilissima regione dello Djeziré, e
il
Kurd Dagh. Questa regione della Siria è stata sempre il rifugio
naturale dei profughi, che riuscivano a sottrarsi alle persecuzioni
turche e prima ancora a quelle ottomane. La parte settentrionale dello
stato iracheno è quella che corrisponde grosso modo al Kurdistan
meridionale: regione non particolarmente estesa rispetto alla totalità
dell’intero territorio, comprende però zone di grande importante
strategica per l’economia dell’Iraq, dal momento che ne fanno parte i
due territori di
Mosul e Kirkuk che, da soli, forniscono il 75%
dell’esportazione petrolifera irachena. La zona è anche piuttosto
fertile, data la presenza del Tigri e dei suoi affluenti.
La
religione dei Curdi, oggi, è in prevalenza islamica. Paradosso quanto
mai pesante, viste le persecuzioni crudeli che anche il mondo musulmano
ha loro riservato. Solo gli Yezidis non si sono mai convertiti.
Per
lo più misteriosi agli occhi dell’Occidente, gli Yezidis sono stati più
volte oggetto di confusione e di errate interpretazioni. Sino a non
molto tempo fa li s’identificava, per esempio, con gli altrettanti
oscuri Ansaireth o
Nusairis di Siria, un gruppo estremista di origine
sciita di carattere iniziatico-gnostico, con cui l’occultista tantrico
americano Pascal Beverly Randolph, l’iniziatore della cosiddetta “magia
sessuale”, ebbe nel secolo scorso contatti e diverse iniziazioni. Il più
illustre rappresentante della Chiesa Satanica statunitense,
Anton
LaVey, deceduto nel ’97, di sicuro adattò per un suo rituale definito
“la dichiarazione di Shaytan” un antico cerimoniale degli Yezidis, ma
gli etnologi moderni hanno dissociato in tempi più recenti la setta
curda dal satanismo, soprattutto nel senso che il termine ha nel resto
del mondo non islamico. Anche perché i loro concetti sul “demoniaco”
sono molto distanti da quello occidentale e la loro religione è divenuta
di grande e pubblico interesse nel processo di rinascita del
nazionalismo curdo.
Dispersi in Armenia, nel Caucaso, in Iraq
(negli altopiani di Jabal Sanjar ai confini con la Siria – dove proprio
stanno riparando in questi giorni) in Georgia e in Turchia (con una
rilevante diaspora concentrata in Germania) gli Yezidis “praticanti”,
circa cinquantamila persone, si concentrano tutti quanti in piccole
comunità che vivono nei dintorni della città di Mosul.
Sì, proprio
quella Mosul, in cui il dio alato Pazuzu è tornato alla luce tanto
nella realtà che nella finzione. Ed è nei dintorni di Mosul, a
Lalish,
che avvenivano, sino a quando le guerre non le hanno rese più possibili,
le due festose adunate annuali, in ottobre e in dicembre, durante le
quali i fedeli sacrificavano tori e adoravano diverse creature alate.
Il
nome “Yezidi” dovrebbe essere una combinazione tra la radice “Yazdan”,
che significa “dio”, e i termini “Yazata” e “Yezad”, in altre parole
“angelo”, tutti vocaboli di derivazione persiana. Il mondo degli Yezidis
sarebbe stato creato da Lucifero, l’angelo caduto ma anche l’angelo
supremo, adorato nella simbolica forma del pavone e conosciuto come
Malak Tawus.