Kipple intervista Dario Tonani!


Ciao Dario! È un vero piacere, anzi un onore, poterti ospitare sul blog di Kipple. Di certo non hai bisogno di presentazioni. Sono tanti i tuoi successi letterari: da “Infect@” al recente “Mondo9”. Vorrei iniziare l'intervista con una domanda che riguarda le tue opere. Ci sono dei temi che hanno caratterizzato alcuni autori più di altri. Tanto per fare un esempio, nel caso di Philip K. Dick uno dei suoi temi principali era la natura della realtà. Quali sono i temi prevalenti che emergono invece dalle tue storie?

Grazie a voi dell’invito, è un piacere. Parti subito con i calibri grossi, eh Roberto. Riferendomi strettamente alla fantascienza, direi che uno dei miei temi ricorrenti è senza dubbio quello dell’ibridazione uomo/macchina. Per dirla con un termine che su queste frequenze usate spesso, il mio è però un post-umanesimo molto “tossico”, nulla a che vedere con l’equilibrio armonico tra silicio e neuroni che tanto cyberpunk ha preconizzato. Un altro tema? La deriva della tecnologia; il suo uso malato, distorto, invalidante.

Lo sappiamo un po' tutti: la fantascienza non è un genere sempre apprezzatissimo dalla critica. Eppure ci sono stati grandi autori, alcuni anche del tutto estranei al genere, che hanno trovato nella fantascienza il giusto canale per trasmettere la loro idea. Mi viene in mente ad esempio “Rabbia” del controverso Chuck Palahniuk di cui abbiamo già parlato in questo blog. Ma anche classici intramontabili come “1984” di George Orwell. Nonostante tutto, anche grazie all'apporto di questi grandi autori, la fantascienza sembra resistere. Se dovessi fare una tua prognosi sul futuro del genere, sia a livello nazionale che internazionale, quale sarebbe?

La fantascienza ha smesso di essere un genere “popolare” nel momento stesso in cui la coda del domani s’è insinuata nel nostro presente. Cito sempre il caso degli autori cyberpunk che si sono allontanati dal genere, decretando la fine del movimento, quando hanno percepito che le loro speculazioni erano diventate pane quotidiano. Oggi siamo letteralmente immersi nella fantascienza - cinema, tv, videogame, pubblicità, gingilli elettronici - e l’ultima cosa di cui si sente il bisogno è che qualcuno ci racconti il domani con un testo scritto, con una logica sequenziale, parola dopo parola. La fantascienza è diventata essenzialmente visuale, un’orgia dei sensi. E anche i grandissimi autori che hai citato - adoro anch’io Chuck Palahniuk - possono davvero poco di fronte al modo di “fruire” del domani che hanno soprattutto le nuove generazioni. Ma non vedo tutto nero per la science fiction: la mia ricetta si chiama, ancora una volta, “ibridazione”, “contaminazione”, “crossover” tra generi attigui.

Il rapporto fra tecnologia e letteratura sembra farsi sempre più stretto. Alcuni sono contenti di questo, altri sembrano mostrare una certa diffidenza. Qual è la tua opinione per quanto riguarda le nuove opportunità che la tecnologia offre al mondo della letteratura, ad esempio con gli ebook?

Con me sfondate una porta aperta, sono un entusiasta degli ebook. Come lettore e come autore. Il futuro è lì, che lo si voglia riconoscere o meno.

Quali autori (non solo di fantascienza) sono riusciti a ispirarti maggiormente?

Cinque nomi, ok? Philip K. Dick, James Ballard e Richard K. Morgan nella fantascienza. Cormac McCarthy e appunto Chuck Palahniuk, fuori dell’alveo SF.

Negli ultimi anni hai pubblicato diversi romanzi, novelette e racconti. Un nuovo lettore desidererebbe iniziare a leggerti. Da quale tua opera gli consiglieresti di cominciare?

Bella domanda, non ci ho mai pensato. Ti confesso una piccola curiosità: quando, su Urania, pubblicai il mio “Infect@”, che anch’io considero una sorta di battesimo del fuoco nella narrativa lunga (anche se tecnicamente avevo pubblicato un altro romanzo prima), furono in tanti a dirmi che non sembrava affatto un’opera prima; che assomigliava più a qualcosa di “secondo” o di “terzo”. Beh, si dovrebbe consigliare il primo libro scritto, no? Sono un po’ spaesato a questa domanda. Direi l’ultimo, “Mondo9”…

Mondo9 è un pianeta desertico, infetto, letale, una sconfinata distesa di sabbie velenose punteggiata di agglomerati urbani fatti di ingranaggi, ruote dentate e pulegge.” Così sul tuo sito viene descritto il mondo da te creato nel tuo recente romanzo. Una descrizione pregna di sense of wonder, qualità essenziale che anima tutta la fantascienza di qualità. Da dove nasce l'idea di “Mondo9”?

Come tutte le idee, anche “Mondo9” è il frutto di incroci e di uno strano concorso di circostanze: illuminazioni assolutamente estemporanee, sensibilità del momento, letture, bicchieri che si rompono… La paura di perdere un dito nella portiera di una macchina. Sto scherzando, ma un po’ è così: la pianta cresce in altezza e invecchia, e il seme non lo riconosci più…

Sappiamo che, dopo tutto il successo meritato che sta avendo “Mondo9”, ci sarà un seguito. Sono sicuro che i tuoi fan muoiono dalla voglia di saperne di più. Cosa puoi anticiparci? Qualche altro progetto all'orizzonte?

Di “Mondo9-2.0” dirò solo che si svilupperà con le modalità del primo volume: storie singole che usciranno dapprima in ebook e saranno poi raccolte (assieme a diverso materiale inedito) in un fix-up che uscirà su carta nel 2014. Il primo capitolo del nuovo corso sarà molto più lungo dei precedenti, un romanzo breve. Altri progetti? Parecchi: brevi, lunghi, seriali, e anche piuttosto diversi l’uno dall’altro.

Ti vorrei ringraziare molto, Dario, a nome di tutta Kipple, per l'intervista. Ti faccio un grossissimo in bocca al lupo per il seguito di “Mondo9” e spero di poterti presto ospitare di nuovo qui.

Crepi il lupo, Roberto. E grazie agli amici di Kipple per l’apprezzatissima ospitalità. Stay tuned allora!

Segrate (MI), 19 maggio 2013

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