[tratto dal Blog di Daniele Barbieri]
Prendete posto sul lungo-Nilo ma niente nostalgie o turismo. Qui siamo in un Egitto altro-quando dove c’ è Iside ma diversa dalla tradizione e i Sette sono giudici-poliziotti moooooooooooolto particolari. In «La pesatura dell’anima» (numero 10 di Avatar edito da Kipple Officina Libraria: 192 pagine per 15 euri) Clelia Farris smuove dalle prime scene curiosità e ammirazione senza mollare per strada, anzi. Tenere presente che nel Serdab vigono altre regole giudiziarie e persino erotiche. Soprattutto non perdersi il «vilipendio ecologico», il grillo in stile manganello, l’embargo siderurgico, le meduse illuminanti, una metamorfosi piuttosto diversa da quella di Kafka, la seconda possibilità, l’imperialismo etrusco, la telepatia o quasi. I fans dell’Ipad e varianti si faranno venire un attacco di itterizia scoprendo come funziona l’ostrakon mentre i maniaci dei giochi (a esempio il sottoscritto) malediranno la Farris perchè neppure accenna alle regole del «Coccodrillo». E siamo alla fine della prima parte. Volutamente non racconto la trama. Nella seconda e terza parte molti cambi di ritmo e di linguaggio. C’è ogni tanto un gergo da fare invidia allo slang anglo-russo dei «Drughi» del libro-film «Arancia meccanica». Nel finale la Farris ci porta tra foglie e «coltivatori di nomi» e forse sapremo cosa veramente succede ai morti che resuscitano e se essi conoscano il futuro. Di più non posso o voglio dire.
Ai bibliotecari scrupolosi dico: è fantascienza al 33 per cento, fantasy al 21%, favola nera al 12, e altro ancora al 33.
In qualunque modo si voglia etichettarlo, leggetelo. E se fossi un grande editore – in cerca di chi sappia scrivere letteratura popolare che però non sia banale – metterei Clelia Farris sotto contratto.
Ho perso il romanzo d’esordio – «Rupes Recta» – della Farris ma ho invece molto amato il secondo, «Nessun uomo è mio fratello» (Delosbook) che ho recensito, quasi ululando, pure su codesto blog nel febbraio 2010. Scrivevo: «Se fosse statunitense probabilmente qualche critico letterario griderebbe al “miracolo” ma essendo sarda faticherà a farsi leggere. Peccato perchè questo è uno dei romanzi più interessanti degli ultimi anni e se Clelia Farris continuerà così... finalmente avremo un Valerio Evangelisti al femminile, cioè la capacità di declinare il meglio di un genere (la fantascienza) rompendone le gabbie e le pigrizie per arrivare a creare nuovi magazzini di mondi e di scritture».
Ringraziamo Daniele Barbieri per la recensione puntuale e interessante.
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